CASCINA LA NOCE
Nel cuore della Valle Oropa.
VALLE OROPA
La valle Oropa è una piccola valle che parte dalle montagne del Biellese e scende fino al limite della pianura. E’ attraversata dal torrente Oropa, che confluisce nel torrente Cervo alla periferia settentrionale di Biella. La valle si sviluppa prevalentemente in direzione NW-SE e viene delimitata:
a nord: dal monte Camino (m. 2391), monte Tovo (m. 2230) e dalla Cima Tressone (m. 1724)
a ovest: dal monte Rosso (m. 2374) e dal monte Mucrone (m. 2335)
a sud: dalle pendici del monte Mucrone fino alla confluenza del torrente Oropa nel Cervo
a est: dal monte Becco (m. 1730), dalla cima Cucco (m. 1288) e dall’abitato di Pralungo
Questa valle è interamente compresa nella provincia di Biella, in quanto appartiene ai comuni di Biella e Pralungo. I centri abitati sono disposti nella parte collinare e sui terrazzi che bordano la valle, ad eccezione del Santuario che è posto al centro della conca. I principali centri abitati sono Pralungo e S. Eurosia situati sul fianco sinistro del torrente e Cossila S. Grato, Cossila S. Giovanni e Favaro situati sul fianco destro.
L’AMBIENTE NATURALE
La conca di Oropa costituisce la suggestiva cornice ambientale e paesaggistica in cui si situano il complesso del Santuario e del Sacro Monte. La zona è stata segnalata nell’ambito degli studi realizzati per lo sviluppo del Progetto Bioitaly del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio quale Sito di interesse regionale.
Le pendici dei monti (che raggiungono la quota di 2335 m del Monte Mucrone, di 2388 m del Monte Camino – massima elevazione della vallata – e di 2374 m del Monte Rosso) che racchiudono la Conca sono ricoperti nelle parti più alte da estese praterie a nardo con arbusteti ad ontano e rododendro che degradano a valle alternandosi a formazioni di betulla su prati e pascoli abbandonati. Alcune aree tra i 1600 ed i 1700 metri di quota sono interessate da popolamenti di pino uncinato di origine antropica.
L’area del Santuario e del Sacro Monte è circondata da formazioni forestali in cui predomina il faggio a volte puro, in alcuni casi mescolato con acero di monte e frassino verso le quote inferiori e con maggiociondolo e sorbo degli uccellatori più in alto.
Particolarmente ricca d’acqua, la valle prende il nome dell’omonimo Torrente che nasce dal Lago del Mucrone (1902 m), sia superficiale che sotterranea (sono qui presenti sorgenti che alimentano l’acquedotto della città di Biella). Altri piccoli laghi (Mora, Rosso) e un numero altissimo di zone umide (torbiere d’alta quota) costellano la Riserva, connotando uno dei motivi che ha concorso per l’istituzione dell’Area protetta: la ricchezza degli ambienti umidi.
Nell’anno 1999, su commissione dell’Istituto Centrale della Catalogazione del Ministero per i beni e le attività Culturali, è stato condotto uno studio ad cura dell’arch. Stefania Moretti di Torino per la catalogazione degli alpeggi della conca di Oropa, da cui sono state tratte le informazioni che seguono (con la collaborazione dell’Arch. S. Aimone Prina, Geom. M. Mazzia Piciot, Dott. G. Monti).
“Nella conca di Oropa vi sono abitazioni sia di media quota sia di alta montagna. La baita in posizione più bassa è quella dell’Alpe di San Bartolomeo a quota 950 metri, e quella più alta a quota 2157 è l’alpe Camino.
Le abitazioni della montagna (caseri) hanno caratteri uniformi in tutto il Biellese e presentano un grande sviluppo delle parti destinate a stalla e annessi, mentre risulta molto ridotta l’abitazione ed è generalmente inesistente il fienile. Gli edifici presentano generalmente due disposizioni tipiche:
-disposizione in linea, con tutti gli ambienti disposti in un unico fabbricato ad un piano fuori terra;
-disposizione a vari edifici di mole minore e con diverse funzioni: stalle, abitazioni, deposito del latte e prodotti derivati.
In entrambi i casi i fabbricati hanno caratteristiche architettoniche comuni: le murature in pietra, generalmente a secco e di forte spessore, i tetti sono coperti con spesse lastre di pietra scistose (le cosiddette lose), a falde poco inclinate e poco sporgenti, anche le pavimentazioni dei vari locali sono in lastre di pietra. L’uso del legno in questi edifici è limitato alla struttura portante del tetto e ai tavolati dei rudimentali quanto eventuali solai, dividenti i giacigli dai locali di ricovero degli animali o della cucina.
Sostanzialmente quindi, l’alpeggio è costituito da un ambiente non molto grande per la cucina, con il focolare libero privo di camino, posto in un angolo del locale, oppure addossato alla parete, poche mensole a muro, qualche sgabello di legno e un semplice tavolo. In questo stesso ambiente oppure nelle sue vicinanze si trova il deposito della legna da ardere. Attigua alla cucina solitamente vi è il locale dove sono conservati il latte e il burro. Questo locale normalmente è attraversato da un rigagnolo di acqua derivato da un vicino ruscello o da una sorgente, che mantiene fresco e umido l’ambiente. Adiacente alla cucina vi è un angusto locale interrato nel quale vengono depositate per la stagionatura le tome.
La gran parte del fabbricato è quindi costituito dalla stalla. In questo locale molto basso, sono ricoverati gli animali generalmente disposti a due file perpendicolari alla parete sulla quale è praticata l’apertura d’accesso. Anche la pavimentazione delle stalle è in pietra, la quale presenta una corsia centrale, inclinata verso l’esterno, che serve per l’estrazione del letame.
Di fronte all’edificio, più in basso, è situata la fossa del letame. Attraverso tale fossa che è parzialmente interrata, viene fatta passare l’acqua di irrigazione che, in tal modo, trasporta con sé verso valle gli elementi fertilizzanti. questi edifici sono sempre di basso impatto ambientale poiché per la loro costruzione sono stati utilizzati materiali raccolti in sito e inoltre la loro collocazione è solitamente unica, in un paesaggio meraviglioso(…)”.
La Valle Oropa è una valle di origine glaciale, cioè modellata dai ghiacciai alpini che, nel Pleistocene, tra 10.000 e 70.000 anni fa, avevano uno sviluppo molto più ampio di quello attuale ed arrivavano fino all’alta Pianura Padana.
Il ghiacciaio che era giunto ad occupare tutta l’alta valle Oropa, si attestava fra il Monte Mucrone ed il Monte Rosso, nella depressione che attualmente ospita il Lago del Mucrone e che allora costituiva un ampio circo glaciale circondato da ripide pareti.
Gli strati nevosi, soggetti a costipamento e ricristallizzazione, originavano dapprima il nevato e quindi il ghiaccio vero e proprio, che dal circo iniziava il lento discendere verso valle.
Con il costante ed incessante scorrere del ghiacciaio, che nei periodi di massima espansione raggiungeva la parte bassa della conca di Oropa (1150 m) con un percorso di circa 3 chilometri, la valle originaria progressivamente si allargò fino ad assumere l’attuale conformazione ad U, tipica delle valli modellate dai ghiacciai.
Durante la naturale sequenza di “pulsazioni” il ghiacciaio oropeo iniziò a depositare il materiale detritico trasportato fino a formare accumuli sui fianchi (“morene laterali”) o sul fronte (“cordone morenico”). I successivi momenti di avanzata e di arretramento del ghiacciaio hanno portato alla creazione di un complesso “anfiteatro morenico”, formato da tre principali serie di depositi (“morene stadiali”) su cui sono state costruite le Cappelle del Sacro Monte.
Successivi cambiamenti climatici hanno poi fatto arretrare sempre più il ghiacciaio, conservatosi a lungo nella conca del L. del Mucrone, grazie all’esposizione più riparata della zona. In seguito anche questo piccolo lembo glaciale è scomparso, lasciando però le sue tracce nelle “rocce montonate”, cioè levigate e smussate dal movimento del ghiaccio, e nei grandi massi erratici disseminati qua e là.
Nei pressi del Santuario si possono osservare numerosi “massi erratici”, rocce dalle dimensioni imponenti trasportate a valle dal ghiacciaio dalle pendici del Monte Mucrone. Proprio da queste rocce derivano i materiali utilizzati per la costruzione del santuario: il serizzo, i micascisti, la sienite si sono rivelati adatti per formare le murature, le colonne e le lose dei tetti.
La loro mole e l’impossibilità di spiegare chi avesse potuto trasportare queste rocce, ha favorito, nell’antichità, un’identificazione con la sfera divina; in questo contesto, secondo lo studioso Emanuele Sella, si colloca la “tradizione eusebiana”. Sant’Eusebio, Vescovo di Vercelli nel IV sec., si sarebbe recato quassù per sostituire il culto pagano con il culto di Maria e avrebbe edificato il primitivo sacello. A ridosso dei massi erratici sono state costruite la Basilica Antica, all’interno della quale si trova il sacello con la statua della Madonna Nera, e la Cappella del Roc, costruita su un masso a cui la credenza popolare attribuisce il dono della fertilità.